In questo articolo esploreremo in modo approfondito il tema Filanda, affrontandone le molteplici sfaccettature, l'impatto e la rilevanza nella società odierna. Dalla sua origine alla sua evoluzione nel tempo, approfondiremo l'analisi esaustiva di Filanda, svelando aspetti storici, culturali, sociali ed economici che hanno contribuito a plasmarne il significato e la portata oggi. Attraverso ricerche, studi e pareri di esperti del settore, cercheremo di far luce sulle questioni più pertinenti legate a Filanda, in modo da offrire una visione esaustiva che arricchisca la conoscenza e la comprensione di questo argomento di indiscutibile attualità.
Filanda è il nome con cui sono conosciuti, in Italia, gli stabilimenti di lavorazione e filatura dapprima della seta e poi anche del cotone.
Sono grandi edifici, generalmente a più piani, dai soffitti alti e dotati di grandi finestre per garantire l'illuminazione. Prima sorgevano spesso vicino a corsi d'acqua, utilizzata sia per la forza motrice che per le vasche di trattura.
Le prime filande erano a fuoco diretto, l'acqua nelle vasche di trattura era riscaldata direttamente con fuoco di legna, poi le filande diventarono a vapore, con un maggior controllo della temperatura dell'acqua e di conseguenza di una miglior qualità del prodotto.
Il periodo delle filande, specialmente nel Lecchese, dove raggiunge i massimi livelli qualitativi del mondo,[senza fonte] è un fondamentale periodo di transizione tra l'economia agricola e l'economia industriale.
L'allevamento dei bachi da seta (bachicoltura) era affidato a contadini e mezzadri. I bozzoli erano raccolti nella filanda, stufati, essiccati in forno in modo che il calore uccidesse il baco per evitare il foramento del bozzolo con conseguente rottura della bava, e trasformati in filato attraverso queste fasi di lavorazione:
Il lavoro della filanda era svolto principalmente da giovani donne e da bambine, che venivano chiamate filerine, filandere o filerande. I turni erano pesanti, potevano arrivare da 12 a 16 ore al giorno con durissimi controlli sulla quantità e qualità del prodotto lavorato; le filerine venivano multate se non rispettavano tali turni. Il lavoro era faticoso e malsano, per via dei vapori delle vasche, delle mani tenute nell'acqua calda (80 gradi), della polvere e dei salari da fame: per aiutarsi a sopportare queste dure condizioni le filerine cantavano in coro. Molte sono le canzoni da filanda che sono giunte fino a noi, alcune sono conosciute grazie alle interpretazioni che ne hanno dato cantanti di successo come Milva. Tra le più importanti filande si ricordano quelle di Carlo e Alessandro Verza; nello stabilimento di Canzo, alla fine dell'Ottocento, si raggiunse la quota di 1000 dipendenti. Il complesso, che si trova presso la cascata della Vallategna, comprendeva anche tre grandi mulini ad acqua.
Le filande furono il soggetto di diversi quadri: il pittore Eugenio Spreafico, alla fine dell'Ottocento, dipinse il quadro Dal lavoro, il ritorno dalla filanda, conservato a Monza, mentre Pietro Ronzoni il quadro Filanda nel bergamasco conservato nelle Gallerie d'Italia - Milano e Giovanni Migliara La filanda Mylius conservato nella Pinacoteca Civica di Alessandria.
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